PROCESSO CREATIVO E NEURONI SPECCHIO
La creatività è la capacità di superare idee, regole, pattern, relazioni
tradizionali per creare nuove idee, nuove forme, nuovi metodi e
interpretazioni che siano significativi ed utili. Sin dall’Ottocento si considera che il processo creativo sia formato da quattro
fasi: Preparazione, Incubazione, Illuminazione, Verifica. Incubazione ed
illuminazione sono uniti da alcuni autori in una sola fase chiamata
“Innovazione creativa”.
La fase di preparazione può sembrare a prima vista estranea al processo
creativo, in realtà non è così. La preparazione forma nel cervello del futuro
creatore quel serbatoio di modelli, prototipi, esempi, da cui nella fase di
“innovazione creativa” trarrà gli elementi per creare il nuovo.
Ramachandran ipotizza che la capacità di imitare è strettamente legata alla evoluzione dei neuroni specchio. Esiste però qui un problema. I neuroni specchi sono stati scoperti nella corteccia premotoria di macaco. C’è accordo generale tra gli etologi che i macachi abbiano scarsa, o addirittura nessuna capacità di apprendere per via imitativa. Evidenze etologiche mostrano che persino le scimmie antropomorfe hanno difficoltà a imitare ed apprendono per imitazione solo dopo moltissime ripetizioni. Quindi, quale potrebbe essere stato il salto evolutivo che ha permesso ad un gruppo di ominidi di evolversi a tal punto da poter imitare i comportamenti osservati? Una possibile soluzione sta nel fatto che esistono due tipi principali di neuroni specchio è costituito da neuroni che si attivano durante l’osservazione di azioni che codificano uno scopo simile, ma non sono necessariamente in maniera identica a quelle codificato dal neurone durante la sua attività motoria. Il secondo tipo di neuroni specchio, definito “strictly congruent”, richiede per essere attivato che l’atto motorio osservato sia identico a quello codificato dal neurone. Un esempio tipico di neuroni “strictly congruent” è rappresentato da un neurone che si attiva quando la scimmia afferra una nocciolina con una presa di precisione e quando la scimmia osserva lo sperimentatore afferrare con la nocciolina con la stessa presa, ma non quando questi afferra un oggetto con tutta la mano . Nella scimmia i neuroni specchio maggiormente rappresentati sono quelli “broadly congruent” . L’ipotesi che permette di spiegare lo sviluppo della capacità imitativa dell’uomo, è che in un particolare gruppo di ominidi, separato spazialmente da altre tribù, siano aumentati i neuroni specchio “strictly congruent”. Questa evoluzione avrebbe aumentato la capacità di questo gruppo di comprendere con precisone le azioni dei conspecifici dando così loro una prevalenza evolutiva rispetto ad altri gruppi di ominidi. L’imitazione sarebbe stata in seguit una conseguenza secondaria dell’aumento di neuroni specchio “strictly congruent”. Una serie di studi neuroscientifici hanno dimostrato infatti che si differenza delle scimmie, nell’ Homo sapiens moderno vi è il meccanismo specchio che, oltre che permettere di comprendere le azioni osservate, permette anche di imitarle.
Ramachandran ipotizza che la capacità di imitare è strettamente legata alla evoluzione dei neuroni specchio. Esiste però qui un problema. I neuroni specchi sono stati scoperti nella corteccia premotoria di macaco. C’è accordo generale tra gli etologi che i macachi abbiano scarsa, o addirittura nessuna capacità di apprendere per via imitativa. Evidenze etologiche mostrano che persino le scimmie antropomorfe hanno difficoltà a imitare ed apprendono per imitazione solo dopo moltissime ripetizioni. Quindi, quale potrebbe essere stato il salto evolutivo che ha permesso ad un gruppo di ominidi di evolversi a tal punto da poter imitare i comportamenti osservati? Una possibile soluzione sta nel fatto che esistono due tipi principali di neuroni specchio è costituito da neuroni che si attivano durante l’osservazione di azioni che codificano uno scopo simile, ma non sono necessariamente in maniera identica a quelle codificato dal neurone durante la sua attività motoria. Il secondo tipo di neuroni specchio, definito “strictly congruent”, richiede per essere attivato che l’atto motorio osservato sia identico a quello codificato dal neurone. Un esempio tipico di neuroni “strictly congruent” è rappresentato da un neurone che si attiva quando la scimmia afferra una nocciolina con una presa di precisione e quando la scimmia osserva lo sperimentatore afferrare con la nocciolina con la stessa presa, ma non quando questi afferra un oggetto con tutta la mano . Nella scimmia i neuroni specchio maggiormente rappresentati sono quelli “broadly congruent” . L’ipotesi che permette di spiegare lo sviluppo della capacità imitativa dell’uomo, è che in un particolare gruppo di ominidi, separato spazialmente da altre tribù, siano aumentati i neuroni specchio “strictly congruent”. Questa evoluzione avrebbe aumentato la capacità di questo gruppo di comprendere con precisone le azioni dei conspecifici dando così loro una prevalenza evolutiva rispetto ad altri gruppi di ominidi. L’imitazione sarebbe stata in seguit una conseguenza secondaria dell’aumento di neuroni specchio “strictly congruent”. Una serie di studi neuroscientifici hanno dimostrato infatti che si differenza delle scimmie, nell’ Homo sapiens moderno vi è il meccanismo specchio che, oltre che permettere di comprendere le azioni osservate, permette anche di imitarle.
Apprendimento per imitazione
Le basi neurali dell’apprendimento per imitazione sono state studiate da Buccino e collaboratori in uno studio di risonanza magnetica funzionale, lo studio si divideva in tre fasi: nella prima fase i soggetti, senza alcuna esperienza musicale, osservavano un esperto chitarrista mentre eseguiva una serie di accordi (osservazione), nella seconda fase ai soggetti era chiesto di ripetere internamente l’accordo osservato (immaginazione) per poi ripeterlo nella terza fase (esecuzione). I risultati dello studio hanno mostrato che, durante l’osservazione, vi è una forte attivazione dei circuiti pareto-frontali dotati di meccanismo specchio. Il dato più interessante, però, deriva dalle attivazioni osservate nella seconda fase, quella dell’immaginazione (“rehearsal”). In questa fase era ancora presente l’attivazione del circuito dotato di meccanismo specchio. Ma, in aggiunta compariva un’attivazione del lobo prefrontale. La presenza di questa attivazione è stata interpretata come un meccanismo che tiene in memoria l’informazione ottenuta nella fase di osservazione per poterla poi usare per eseguire successivamente l’azione appresa. In una seconda condizione, i soggetti dovevano prendere il manico della chitarra, ignorando il pattern motorio dell’accordo mostrato in precedenza dal chitarrista esperto. In questa condizione, preparazione di un movimento banale fatto molte volte, c’era un “reset” delle attivazioni ottenute durante la fase della “Osservazione”. Il cervello non mostrava alcuna attivazione né nel circuito specchio, né nel prefrontale.
Quale potrebbe essere la spiegazione neurofisiologica di questo paradosso? Non è uno stato di veglia attenta e concentrata, ma è l’essere rilassati o addirittura in uno stato di dormiveglia che facilita la soluzione dei problemi. Una possibile spiegazione potrebbe essere questa. Nelle condizioni di veglia attiva, le relazioni tra gli oggetti sono fisse, determinate dall’esperienza pregressa. Nel momento in cui una persona invece tende ad addormentarsi, queste relazioni si attenuano, il lobo frontale si lega ad altre idee dal serbatoio delle idee acquisite e una nuova soluzione originale può essere trovata. Una spiegazione analoga è suggerita da Poincaré. Egli scrive: “Nel periodo in cui un problema scompare dal pensiero cosciente e la mente è vuota o distratta da altre cose, ha luogo un’intensa attività inconscia (o subconscia o preconscia)”- Poincaré sottolinea come questa attività non è l’inconscio dinamico Freudiano , ma un’attività di altra natura di cui non siamo consci. Facendo un paragone con i sistemi fisici, è noto che l’iniezione di “noise” in un sistema che ha raggiunto l’equilibrio, cambia l’equilibrio stesso e può portare ad una soluzione più profonda ed originale. Si potrebbe postulare la stessa cosa per le fasi di addormentamento o di sonno. L’attenuarsi delle connessioni permetterebbe al “noise”, determinato dalle attività ipnogene, di modificare le connessioni tradizionali e portare a nuove soluzioni.
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